Cosa s’intende per diritto all’oblio e come si tutela?
Nell’era digitale, quella della privacy e della protezione dei dati personali sono diventate questioni di primaria importanza. Tra i concetti più dibattuti e rilevanti in quest’ambito figura il diritto all’oblio, che riguarda l’interesse della persona a non restare esposta a tempo indeterminato al pregiudizio frutto della reiterazione della pubblicazione di una notizia, legittimamente divulgata in passato, ma che nel presente arreca danno all’onore e alla dignità del protagonista citato.
Il diritto all’oblio – che parrebbe ruotare intorno a concetti di facile e immediata comprensione – è soggetto a molteplici interpretazioni, in continua evoluzione, determinate da diversi fattori: la sensibilità dell’opinione pubblica, il contesto tecnologico e la necessità di contemperare il diritto in questione con quello di cronaca.
Infatti, diritto all’oblio da un lato e diritto di cronaca dall’altro appaiono come due facce della stessa medaglia, laddove il primo ha a che fare con il concetto della riservatezza, il secondo con la libertà di espressione e il diritto del pubblico di essere informato su questioni di interesse generale.
Gli art. 2, 3, 21 della Costituzione stabiliscono la necessità di un bilanciamento tra diritti della personalità e cronaca.
Ma cosa s’intende per diritto all’oblio e come può essere tutelato?
Cosa s’intende per diritto all’oblio
Il diritto all’oblio cos’è? In sintesi, e come accennato, si riferisce al diritto di ogni individuo di far rimuovere le informazioni che li riguardano da elenchi di ricerca o database online, qualora tali informazioni siano obsolete, irrilevanti o comunque inappropriate. Questo diritto è stato riconosciuto e rafforzato dalla giurisprudenza europea e incorporato nel Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), specificamente negli articoli relativi ai diritti degli interessati.
“Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati”.
In particolare, l’articolo 17 del GDPR specifica diverse circostanze in cui un soggetto ha il diritto di richiedere la rimozione dei propri dati personali da parte del responsabile del trattamento dei dati – rimozione che deve avvenire senza ritardi ingiustificati.
Il diritto all’oblio può essere esercitato quando, per esempio, i dati non sono più necessari per gli scopi per cui sono stati inizialmente raccolti o elaborati, se il consenso sul quale si basava il trattamento è stato ritirato, o se i dati sono stati trattati in modo non conforme alla legge.
Nonostante ciò, l’articolo 17 ammette delle eccezioni, che di fatto delimitano il diritto alla cancellazione; è il caso del trattamento dei dati ritenuto indispensabile per garantire la libertà di espressione e di informazione, o per scopi di conservazione di interesse pubblico, ricerca scientifica o storica.
La questione chiave rimane determinare in pratica quando il trattamento dei dati personali sia effettivamente “indispensabile” a tali scopi.
Cosa dice l’UE?
Il diritto di cronaca è legittimo se rispetta l’utilità sociale dell’informazione, la verità dei fatti e una forma civile nell’esposizione. D’altro canto, il diritto all’oblio, garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), è stato riconosciuto come parte del diritto alla tutela della vita privata.
Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il diritto all’oblio può essere superato dalla libertà di espressione e dalla memoria collettiva quando le informazioni sono di interesse pubblico e i media agiscono secondo l’etica professionale.
Ulteriore chiarimento arriva dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha chiarito che i motori di ricerca sono responsabili del trattamento dei dati personali e obbligati a rimuovere i link su richiesta, (trattasi delle versioni UE dei motori di ricerca).
Diritto all’oblio: le pronunce in Italia
La storia giuridica del diritto all’oblio ha origini non proprio recenti.
Hai mai sentito parlare del caso Soraya? Siamo nel 1975 e la principessa iraniana lamenta di essere stata ripudiata dal marito, lo scià di Persia, a causa della pubblicazione di foto che la raffigurano a bordo piscina con un regista italiano.
La Cassazione decide per il risarcimento del danno.
Da allora, si sono susseguite diverse sentenze, sempre più focalizzate sul concetto di “attualità della notizia” e di recente (Cassazione civile 8 febbraio 2022, n.3952) la Suprema Corte si è pronunciata sulla deindicizzazione come “rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua ad avere memoria”.
Quando e come una persona può invocare il diritto all’oblio?
Un cittadino può esercitare il diritto all’oblio richiedendo la rimozione dei dati ai motori di ricerca, ottenendo la rettifica o l’aggiornamento dell’informazione, la deindicizzazione o la cancellazione del link.
Qualora non dovesse ricevere risposta in tempi considerati ragionevoli, lo stesso cittadino potrà rivolgersi al Garante della Privacy e in ultima istanza all’autorità giudiziaria.
Il diritto all’oblio rappresenta un importante strumento di protezione della privacy nell’era digitale, consentendo alle persone di controllare meglio le informazioni personali che circolano online.
Come visto, la sua applicazione è tutt’altro che univoca, richiede un attento esame delle circostanze specifiche di ogni caso, per garantire che il diritto alla privacy sia adeguatamente bilanciato con altri diritti e interessi pubblici.
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