Sempre più spesso nel linguaggio comune sentiamo parlare di criptovalute, di bitcoin o di blockchain.
Ma quanto sappiamo del loro funzionamento e degli aspetti legislativi che li riguardano? In particolar modo, come si legano le criptovalute alla normativa antiriciclaggio?
Partiamo per gradi.
La criptovaluta non è un tipo di moneta digitale in senso stretto, ma è una rappresentazione digitale di valore basata sulla crittografia.
Al momento ne esistono oltre 17.000 diverse e di queste il bitcoin è forse la più conosciuta.
È importante sottolineare da subito che le criptovalute funzionano autonomamente rispetto ai modelli tradizionali bancari o istituzionali.
Le “monete”, così intese, sono decentralizzate: infatti utilizzano tecnologie di tipo peer-to-peer (p2p) su reti i cui nodi risultano costituiti da computer di utenti situati in tutto il globo (blockchain) e su questi computer vengono eseguiti appositi programmi che svolgono funzioni di portamonete (c.d. “wallet”).
L’identità dei soggetti possessori è anonima, si parla di pseudonimizzazione delle criptovalute, perché lo scambio dei dati avviene tra wallet identificati da una stringa alfanumerica.
Grazie alla tecnologia blockchain, pur essendo tracciata e tracciabile ogni operazione, non è dunque possibile risalire al soggetto che effettivamente l’ha posta in essere o al soggetto che detiene tale moneta digitale. L’anonimato permette, quindi, di fare scambi senza conoscere l’identità dei soggetti coinvolti e determina il rischio concreto che le criptovalute siano utilizzate per scopi illeciti. Come si collega dunque il mondo delle criptovalute al settore legale dell’antiriciclaggio?
La regolamentazione delle criptovalute, in ambito antiriciclaggio è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 90/2017, e dal successivo dal D.Lgs. n. 125/2019, entrambi attuazione della IV e V Direttiva Antiriciclaggio dell’Unione Europea,che hanno modificato il D.Lgs. n. 231/2007.
La conseguenza è che tutti i soggetti che operano nello scambio di valute virtuali siano destinatari degli obblighi antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.
Le società che offrono servizi collegati alle criptovalute o bitcoin sono chiamate cioè a rispettare rigide regole in fatto di compliance AML (Anti-Money Laundering).
La criptovaluta è:
“Una valuta virtuale è la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata ad una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente” [1]
Con il D.Lgs. n. 231/2007, oltre alla definizione di valuta virtuale, sono stati introdotti come destinatari degli obblighi di prevenzione gli exchanger, cioè i “prestatori di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso” [2]
Inoltre, con le predette novelle legislative, sono stati inclusi nella disciplina antiriciclaggio anche i prestatori di servizi di portafoglio digitale, i c.d. wallet provider.
Questo passaggio è davvero importante, perché sono menzionati nella collaborazione ai fini antiriciclaggio anche i soggetti che detengono o movimentano le valute virtuali.
L’inserimento degli exchanger e wallet provider tra i destinatari della normativa antiriciclaggio, li rende soggetti alle misure sanzionatorie della vigente disciplina.
Tutti coloro che operano nello scambio di valute virtuali sono soggetti agli obblighi antiriciclaggio e inseriti nella categoria degli operatori non finanziari.
Gli operatori in materia virtuale sono obbligati all’iscrizione in particolari registri e all’adozione di specifiche misure di compliance.
Tra gli obblighi previsti, la comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’inizio dell’operatività sul territorio nazionale tramite un apposito formulario inviato per posta elettronica.
Inoltre, è richiesta necessariamente l’iscrizione nella sezione speciale del registro dei cambiavalute controllato dall’Organismo Agenti e Mediatori, OAM [3]
Sempre in materia di antiriciclaggio, un’impresa che ha intenzione di fornire servizi relativi alle criptovalute ha l’obbligo di svolgere l’adeguata verifica del cliente, attraverso la raccolta di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto instaurato, procedendo quindi all’identificazione e verifica del cliente e del titolare effettivo, raccogliendo tutte le informazioni necessarie e, qualora tale obbligo non sia attuabile, l’impresa è chiamata alla rinuncia dal porre in essere l’operazione.
La raccolta iniziale dei dati è fondamentale nella valutazione del rischio effettivo, ma la verifica non si esaurisce nella fase iniziale del rapporto. Difatti, i presidi devono essere costanti e continuativi per tutta la durata del rapporto.
Le imprese sono obbligate a tenere traccia delle singole operazioni e a segnalare all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia eventuali operazioni sospette.
Per essere in linea con la compliance nazionale e internazionale e con la vigente normativa antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, le imprese sono obbligate a porre in essere presidi sia esterni che interni.
È prevista la possibilità di esternalizzare i servizi legati alla raccolta, verifica e conservazione dei datI. [4]
Internamente, l’azienda redige un documento di policy antiriciclaggio, sunto delle scelte riguardanti l’assetto organizzativo, le procedure e i controlli interni, la raccolta e la verifica dei dati.
Il controllo aziendale avverrebbe tramite l’istituzione di una Funzione Antiriciclaggio e di una Funzione di Revisione Interna.
Inoltre, è richiesta la formazione periodica del personale sulla normativa antiriciclaggio.
Dopo 4 anni, è stata data attuazione in Italia alla Direttiva Europea 2018/843 (V Direttiva Antiriciclaggio), con la firma del Decreto del MEF del 13 gennaio 2022.
È stata infatti disposta la creazione del primo registro nazionale per gli exchanger, ossia un’anagrafe per censire gli operatori in ambito di criptovalute e l’iscrizione obbligatoria al registro tramite comunicazione all’OAM.
Le regole relative a quest’ultimo sono contenute nel Decreto Attuativo del MEF febbraio 2022, che prevede l’istituzione del registro entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore.
Volendo riassumere quanto dettagliatamente trattato, gli exchanger sono obbligati a:
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