Che cos’è il danno da perdita parentale e come farne richiesta
Il danno da perdita parentale è il danno subìto da un familiare – convivente o meno -per la perdita di una persona cara. La conseguente sofferenza determina uno sconvolgimento nella vita dei congiunti superstiti e la possibilità di ottenere un risarcimento.
Il danno da perdita di natura parentale, in sostanza, è il danno non patrimoniale subito da un soggetto a causa della perdita di una persona cara con la quale è stabilita una relazione affettivo e/o familiare, in conseguenza dell’attività illecita di un terzo.
Rientra a pieno titolo in questa categoria il risarcimento danni per colpa medica.
Nello specifico, il danno di natura parentale è “quel danno che va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti”. [1]
Il danno di cui trattasi è dunque intuibilmente afferente alla dimensione esistenziale: a quella dimensione legata alla sfera relazionale e alla dimensione morale, intima – se vogliamo.
Chi può richiedere il danno da perdita parentale?
La legge oggi ha adottato, sul punto, un criterio più estensivo rispetto al passato, quando i criteri per stabilire i legittimati al risarcimento erano collegati intrinsecamente al concetto di famiglia tradizionalmente intese, all’esistenza – può dirsi – di un rapporto familiare riconosciuto dalla legge.
Oggi non è più così, e la giurisprudenza (insieme alla dottrina) tende a riconoscere (anzi: riconosce) la risarcibilità del danno in questione anche – per esempio – al c.d. convivente more uxorio.
A tal proposito: la giurisprudenza chiarisce che il danno da perdita parentale non è strettamente collegato alla convivenza, poiché questa non connota a priori un rapporto costante di affetto e solidarietà.
Quello della convivenza rappresenta un elemento probatorio importante nella definizione del tipo di rapporto in essere, ma non costituisce un connotato minimo a conferma della relazione affettiva e di solidarietà alla base della richiesta del danno.
Secondo una recente Ordinanza [2] della Corte di cassazione la richiesta del danno è commisurata alla natura affettiva del rapporto e non esclusivamente a criteri quali la convivenza.
Possono, pertanto, richiedere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale per responsabilità medica anche – per esempio – i nipoti in caso della perdita improvvisa dei nonni; i coniugi anche dopo la separazione; i figli nati dopo la morte del genitore.
Come avviene il calcolo del danno da perdita parentale?
Per poter richiedere il risarcimento la parte interessata deve dimostrare in via documentale o per presunzione o tramite la presenza di testimoni il rapporto esistente con il defunto.
Dato che nel nostro ordinamento non esiste un danno minimo garantito, la dimostrazione deve essere circostanziata, non ipotetica e/o generica.
La liquidazione del danno è conseguenza di una valutazione equitativa [3], essendo legata alla sfera più intima della persona.
Il giudice di merito valuta tanto l’aspetto del danno morale subito, quanto quello affettivo/relazionale.
L’entità del risarcimento viene valutata in base all’intensità del vincolo familiare, della eventuale convivenza, delle abitudini di vita, dell’età della vittima e dei familiari in vita.
La giurisprudenza oggi fa riferimento alle tabelle milanesi o romane, strumenti utili per valutare l’importo del danno.
Tabelle milanesi o romane: quale scegliere?
La liquidazione del danno assume un valore diverso a seconda che la valutazione venga fatta con riferimento alle tabelle milanesi o romane.
Volendo dare una definizione – seppur semplificata – di tali strumenti, potremmo dire che le tabelle sono il documento para normativo per la liquidazione del danno non patrimoniale in seguito all’accertata responsabilità in commento.
Il riferimento alle tabelle garantisce un’uniformità di base delle liquidazioni pecuniarie.
Cerchiamo di fare chiarezza:
- lo schema delle tabelle milanesi va da un valore risarcitorio minimo a uno massimo, e la persona che ha subito il danno è chiamata a dimostrare dettagliatamente le circostanze legate a tale richiesta: qualità e intensità del rapporto con il defunto, qualità e intensità dei rapporti all’interno del nucleo familiare, sopravvivenza di altri congiunti facenti parte del nucleo familiare originale.
Con le tabelle di Milano, quindi, la parte richiedente il risarcimento deve dimostrare l’entità del rapporto, ma si lascia al giudice la possibilità di scegliere tra il valore minimo o il massimo.
- Con le tabelle di Roma la liquidazione del danno si calcola con un sistema a punti.
La relazione con il defunto, l’età della vittima e del congiunto, il tipo di relazione esistente sono dati che ottengono dei punti, i quali sono moltiplicati per il valore del punto determinato sulla base dei concreti importi già liquidati dal Tribunale di Roma.
Lo Studio Legale Imbergamo – grazie alla consolidata esperienza nel settore della responsabilità civile per malpractise medica – può assistere i congiunti nella richiesta del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.

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Cass. civ., sez III, ord., n. 9196/2018